Ecco perchè tendiamo a sovrastimare le nostre abilità!

Ecco perchè tendiamo a sovrastimare le nostre abilità!

Il famoso detto: "Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire" ora trova un’evidenza scientifica. Entrando a contatto con persone poco istruite, si notano immediatamente delle differenze sia nei modi di fare, che di approcciarsi ai problemi, che di rispondervi in una maniera adeguata...

Detta semplicemente, poca istruzione e poca flessibilità mentale sono direttamente proporzionali alla forza dell’ostinazione della persona e alla sovrastimazione delle sue stesse competenze.

Gli psicologi Dunning e Kruger, affascinati dal fenomeno, hanno deciso di osservarlo da un punto di vista scientifico, riscontrando un’evidenza empirica tra questi due fattori che prese, poi, il nome di “Effetto Dunning-Kruger”. Successivamente, Antonio Sgobba riprese l’esperimento trasponendolo ad una riflessione critica sul mondo e su quanto l’ignoranza possa essere considerata un male, o meno.

 

L'Effetto Dunning-Kruger

Il fenomeno descritto dai due psicologi David Dunning e Justin Kruger si riferisce ad una distorsione cognitiva che causa, negli individui poco esperti in un campo della conoscenza, una sopravvalutazione delle proprie abilità. Al contrario, chi possiede un bagaglio culturale più ampio appare, in ultima analisi, molto più insicuro di chi non lo possiede.

I due psicologi ipotizzarono che, data una certa competenza, le persone meno esperte tendevano a sovrastimare il proprio livello di abilità, a non rendersi conto delle effettive capacità degli altri e della propria inadeguatezza.

Le radici della riflessione dei due studiosi si possono fare risalire ad alcune considerazioni: Charles Darwin affermò che "L'ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza"; William Shakespeare, in “Come vi piace”, sosteneva "Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido che crede di essere saggio".

 

Gli studi

Dunning e Kruger hanno dato il via ad una serie di esperimenti nei quali coinvolsero gli studenti dei primi anni di psicologia della Cornell University, che vennero suddivisi in gruppi. I due psicologi esaminano le autovalutazioni che gli studenti fornivano per le loro capacità di ragionamento logico, grammaticale e umoristico. Dopo aver fornito un feedback dei punteggi ottenuti, Dunning e Kruger hanno riscontrato una stima corretta da parte degli studenti competenti, mentre da parte degli studenti non competenti riscontrarono una sistematica sovrastimazione. Invece, gli individui più esperti tendevano a sottovalutare la propria competenza. Quando gli studenti non competenti ricevettero un’infarinatura alla competenza nella quale avevano mostrato un deficit, risultarono più realistici nella valutazione delle proprie competenze.

Studi successivi, come quelli di Ames e Kammrath, sulla base di questi esperimenti, aggiunsero come variabile anche la percezione della propria sensibilità. I risultati dell’esperimento condotto, però, presentano alcuni limiti nell’estensione a gruppi etnici differenti, poiché le differenze culturali possono influire sulla percezione delle persone delle loro stesse capacità. 

 

Il paradosso dell'ignoranza

Il curioso effetto studiato da Dunning e Kruger venne ripreso, alcuni anni più tardi, da Antonio Sgobba, il quale, nel suo libro “Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google”, ha attuato una riflessione critica in merito all’utilità stessa dell’ignoranza.

Il non sapere è sempre un male? Secondo lo scrittore l’ignoranza non può essere ascritta alla sfera del bene o del male, poiché, se da un lato l’ignoranza conduce all’errore, è altrettanto vero che questa può essere uno stimolo per ottenere nuove conoscenze, quel quid in più che ci spinge ad imparare sempre qualcosa di nuovo. Secondo Sgobba l’ignoranza è utile anche per la convivenza sociale, per la giustificazione morale e, in ultima analisi, può anche non essere utile in nessun campo, rimanendo assolutamente innocua. Proprio per questa natura controversa, e in parte contraddittoria, nasce il paradosso dell’ignoranza. Lo scrittore prende in esame la figura di Socrate: proprio colui che dichiara apertamente la propria ignoranza è giudicato il più saggio tra gli uomini. 
Tutti crediamo di sapere. Nessuno, però, sa veramente. Proprio da qui si genera il nostro paradosso, la nostra distorsione cognitiva che ci fa dubitare pure della nostra stessa esistenza.

Come reagire, allora, a questa perpetua, ma relativa, ignoranza? Come fare ad essere veramente oggettivi nei confronti delle proprie capacità? L’unica via d’uscita è, forse, cercare sempre di imparare qualcosa.

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